Recuperando pellicole imperdibili ho guardato per la prima volta "La mafia uccide solo d'estate", il primo lungometraggio di Pif, vincitore del David di Donnatello 2014 come miglior regista esordiente.
Per l'ex Iena di Italia 1 ho sempre avuto un debole, nonostante il suo modo un pò irritante di esasperare sarcasmi e faccette. Le stesse faccette che in questo film hanno fatto la differenza. In che senso? Nel senso che le espressioni dei due Arturo, quello bambino interpretato da Alex Bisconti e quello adulto interpretato, appunto, da Pif, erano davvero molto simili, mai eccessive e molto, molto ben studiate, tanto da dare quel valore aggiunto alla visione a volte disturbata dalla voce narrante.
Mi aspettavo un filmetto molto leggero, ridicolo, brioso, un pò demodé (leggi scontato) invece mi sono piacevolmente ricreduta. Intendiamoci, leggero e brioso sì, ma con sfumature grottesche, volute immagino, dato il continuo susseguirsi tra picchi di ilarità e profonda amarezza.
E' un film sulla mafia, non giriamoci intorno. La mafia degli anni '70, '80 e '90, che ha terrorizzato Palermo e messo in ginocchio l'Italia, all'epoca Paese fortemente diviso, depredato dalle continue lotte di piazza tra gruppi armati di destra e sinistra, confuso, coccolato e assecondato dalla grande mamma Democrazia Cristiana. E le mamme, si sa, la maggior parte delle volte sono complici, coprono le malefatte, scendono a compromessi e poi, in segreto, tradiscono.
C'è tutto questo in "La mafia uccide solo d'estate", dove frammenti di storia politica italiana vengono raccontati attraverso gli occhi di un bambino curioso e intelligente. Innamorato prima di Andreotti poi di Flora, Arturo insegue a tentoni l'ambizione giornalistica perdendo, lungo la dura strada della crescita, la tenera e ingenua visione fanciullesca.
E' un film più di contenuto che di forma: tecnica di ripresa senza sorprese, qualche bell'inquadratura con macchina a spalla, il montaggio è abbastanza intuitivo mentre l'uso di scene di repertorio è veramente toccante, azzeccatissimo.
Lo consiglio senz'altro; è una di quelle opere impegnate che, attraverso sorrisi ironici, documenta e informa, preferendo una costruttiva presa di coscienza alla sterile drammatizzazione dei fatti.