Leggo su "il Piccolo" di oggi che Rodolfo Ziberna, vicepresidente del gruppo Forza Italia del Consiglio regionale FVG, ha presentato una mozione (anticipata a dicembre 2013 ma presentata a giugno di quest'anno e non ancora discussa) che richiama l'Ufficio Scolastico Regionale a collaborare per alleggerire il carico di lavoro degli studenti di scuole elementari e secondarie.
La breve mi ha lasciata un pò perplessa e mi ha ricordato la ramanzina che ho dovuto subire dal relatore della mia seconda tesi: "Mi perdoni sognorina, ma lei non sa nulla di educazione".
Sarà anche così, non ho formazione a riguardo, ma ciò che so deriva dalla semplice osservazione e dall'esperienza diretta.
Io e mia sorella abbiamo 7 anni di differenza, abbiamo fatto scuole diverse, ma condiviso alcuni maestri e professori. Quando aveva 6 anni e frequentava la prima elementare non sapeva ancora leggere e la cosa mi faceva imbestialire visto che io avevo imparato sia a leggere che a scrivere all'età di 4 anni, quando ancora andavo alla scuola materna. Ricordo bene le lezioni pomeridiane dopo la pausa pranzo e le pagine dei quaderni con i disegni dell'uva dagli acini color viola, pagine e pagine con la parolina UVA, scritta sotto la lettera U dell'alfabeto, sia in corsivo che in stampatello.
Lei queste cose le ha fatte appena in seconda elementare quando ancora non riusciva a leggere un intero paragrafo del libro di scienze senza interrompersi.
E i compiti a casa non erano mai troppi, anzi! Mentre io organizzavo i pomeriggi tra lezioni di ballo latino americano, di nuoto o allenamenti di calcio, lei si destreggiava tra problemi di matematica e allenamenti di basket, poi tra traduzioni di tedesco e lezioni di danza classica. E d'estate? Ah, abbiamo bellissimi ricordi di vacanze passate in spiaggia sotto l'ombrellone studiando il teorema dei seni dal manuale di algebra o leggendo "Il cavaliere inesistente" di Calvino.
Non ricordo estati o fine settimana passati solo ed esclusivamente a studiare senza trovare il tempo di divertirmi e anzi, con il passare degli anni, ho rimpianto di aver fatto i capricci per qualche pagina in più di storia.
Gardando indietro vorrei solo mi avessero insegnato di più, mi avessero spronato di più e sfidato, mettendomi alla prova con manuali e letture extra.
"Fosse per me i bambini dovrebbero stare a scuola dalle 8.00 alle 15.00, facendo lezioni frontali la mattina e studiando individualmente o in gruppi di lavoro nel pomeriggio, con la supervisione di un docente che colmi in anticipo aventuali lacune e che all'occorrenza individui argomenti da approfondire; gli alunni dovrebbero conoscere di più la storia contemporanea e meno i reperti archeologici datati col carbonio 14; dovrebbero seguire un corso di storia delle religioni e non conoscere solo Gesù, Giuseppe e Maria tra la mucca e l'asinello; dovrebbero imparare e studiare e non a memorizzare per un voto che faccia contenti mamma e papà; a scuola ci dovrebbero essere docenti aggiornati e preparati, capaci di insegnare la propria materia in lingua inglese, la lingua di insegnamento del giovedì piuttosto che del sabato. La scuola, per poter funzionare dovrebbe aprire gli occhi, dare gli strumenti e lasciare che gli studenti sviluppino un proprio metodo di studio, dando sfogo alla creatività e alla curiosità, in modo che, una volta fuori da scuola, passino il loro tempo a condividere e sperimentare tra coetanei e familiari, compangi di sport o vicini di casa". A questa riflessione a voce alta il mio prof. reagì come su detto, ma io non ho cambiato idea.
Se la scuola non funziona, se gli studenti sono sempre più svogliati e impreparati, la colpa non è dei troppi compiti e, caro Ziberna, non è certo perchè hanno bisogno di veder garantito loro il diritto al riposo citato nella Convenzione ONU dei Diritti dell’Infanzia (New York, 20 novembre 1989), nella conseguente l. 176/1991 o nella Circolare Ministeriale del 14 maggio 1969, n. 177. Semmai è l'intero "sistema istruzione" che va rivisto e mettiamoci dentro anche il problema degli insegnanti precari, della scarsa preparazione pedagogica, delle scuole fatiscenti e dei genitori che accondiscendono e viziano i loro figli. Così, quando i bambini tornano a casa con una nota per aver disturbato la lezione, si fiondano dall'insegnante e invocano il sacrosanto diritto dei loro pargoli a esprimere la loro personalità come e quando vogliono.
Ma per cortesia! Una e una sola volta sono tornata a casa con una nota firmata dalla maestra di italiano perché avevo dimenticato a casa il quaderno dei compiti (fatti, sia ben inteso) e mia madre mi ha punita con una sonora sberla. Da allora non ho mai più dimenticato un quaderno a casa.
Genitori severi, insegnanti validi e, certo, tanta buona volontà. Credo più in questa ricetta che in quella di Ziberna; vedremo con la discussione in aula quale chef avrà la meglio.