Alice Howland è una rinomata docente della Columbia University di New York. Intraprendente donna dalla carriera affermata, bella e decisa, emana sicurezza e successo a ogni parola che dice, a ogni passo che fa. Un marito fedele, una bella casa, una primogenita laureata in legge, il mezzano in medicina e la terza, la più testarda e ribelle, ancora intenta a rincorrere la celebrità del palcoscenico, nonostante il disappunto dichiarato della madre.
Il quadro familiare, banale se vogliamo, appare comunque precario. Alice non è in sé; spesso dimentica le parole nel mezzo del discorso, all'improvviso perde l'orientamento, fatica a ricordare nomi di persone appena conosciute, orari e appuntamenti. Alzheimer precoce, questa è la diagnosi, l'inizio di un doppio calvario, l'inizio della fine di Alice.



La trasposizione cinematografica dell'omonimo romanzo di Lisa Genova ha registrato una sola nomination agli Oscar edizione 2015, quella come miglior attrice protagonista. L'opera diretta dalla coppia Wash Westmoreland e Richard Glatzer mostra una Julianne Moore semplicemente perfetta.
Sì d'accordo, la storia di una donna colpita da una malattia incurabile fa sempre il suo effetto. Ma in questo film c'è tanto altro. Il conivolgimento emotivo è naturale, eppure al di là della tristezza e della pena, il film smuove una serie di stati d'animo molto più profondi. E' davvero difficile non immedesimarsi nel dolore di Alice. Il suo è vero e proprio terrore: dal presentimento covato nel silenzio alla vergogna esplicita confessata al marito e ai figli. Still Alice è un film drammatico assolutamente ben costruito, infatti mi sorprende non sia stato candidato anche per il miglior montaggio. L'angoscia durante la visione, pregna di rassegnazione anziché suspance, è esaltata dalle varie inquadrature sfocate, dai lunghi silenzi, dalle regolari sequenze in soggettiva che vedono Alice monitorare l'avanzamento della sua malattia. I campi-controcampi mancanti sono stati acutamente scelti, come anche la fotografia che segue l'evoluzione della vicenda.
L'interpretazione della Moore è sublime, non c'è che dire. Tenerissima nella Alice ormai persa, incapace di ricordare le istruzioni per il suicidio premeditato quando era ancora se stessa. Non mi ha convinto Alec Baldwin nel ruolo del marito devoto a metà, incapace di amare incondizionatamente, troppo egoista per affiancare la moglie nel suo percorso. Brava invece Kristen Stewart, diversa, profonda e coinvolgente.
Personalmente credo non ci siano dubbi nell'assegnare alla Moore il premio, ma gli Oscar riservano sempre delle sorprese...